Di
Umberto Eco, fuori dalle fanfare di elogi al genio
rinascimental-contemporaneo, dall'affannarsi a tirar fuori selfie con
l'illustre o scribacchiare acidità contrarie, io, non ho niente da dire, molto da
custodire.
Per
me è come quello zio simpatico e bizzarro del film "Fanny e
Alexander", quello che manda in visibilio i bambini, emettendo
fiammate scorreggiando su una candela. Non sembri irrispettoso, ma
zio Umberto, ci ha mandati in visibilio con qualunque cosa di suo
abbia spruzzato sul fuoco. Magari con i saggi di semiotica un po' di
palle ce le ha fatte, ma ci siamo beccati un 30 all'esame. E tra
bustine di Minerva, romanzi, articoli, interviste e quant'altro, era
sempre quello che ci dava sprazzi di brillante intelligenza, in
questo nostro italico mondo che invece è diventato il crogiolo delle
mediocrità.
Lui,
che amava leggere in bagno (cfr. famosa bustina), si aggirava felice,
come un topo nel formaggio, a casa sua tra cunicoli di libri che
manco il protagonista di Auto da fé di Canetti (che invece era un
intellettuale sfigato), amava mangiare, bere, fumare e alla fine
della cena improvvisava concertini di flauto barocco (sempre in
bagno). Lui che infine, c'ha dimostrato quanto bello, ottimista,
importante, acuto, rompiballe contro l'ovvietà, possa essere il
ruolo dell'intellettuale. Prosit!
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