«Non c'è nulla di sorprendente come la vita. Tranne lo scrivere.» (Ibn Zerhani)

«La lettura rende un uomo completo, la conversazione lo rende agile di spirito e la scrittura lo rende esatto.» (Francis Bacon)

«Si legge quello che piace leggere, ma non si scrive quello che si vorrebbe scrivere, bensì quello che si è capaci di scrivere.» (Jorge Luis Borges)

martedì 27 settembre 2016

Intervista a Laura Pacelli - Graphofeel Edizioni

Ecco la prima intervista di Daimon a un editore. 
Cominciamo con una piccola ma raffinata e attivissima casa editrice romana, parlandone con la sua fondatrice e direttore editoriale, Laura Pacelli.




Graphofeel Edizioni è una casa editrice indipendente, non EAP, fondata nel 2009 con sede a Roma.
Vanta un catalogo di circa quarantasei titoli di narrativa e saggistica italiana.
La Casa editrice punta a una valorizzazione del patrimonio storico e culturale italiano, sia attraverso la riproposta di best sellers italiani della prima metà del secolo scorso sia attraverso la pubblicazione di romanzi storici ambientati in momenti topici della storia italiana: Le chajim, di Roberto Fiorentini, dipana il racconto nel ghetto di Roma alla fine del Settecento, Nigravulpe di Leonilde Bartarelli tesse una rocambolesca vicenda che si svolge nelle campagne senesi lungo la via Francigena attorno all’anno Mille; Stella Stollo sviluppa l’avvincente thriller de I delitti della Primavera nella Firenze del Rinascimento; e infine Il Baronedell’Alba di Stefano Valente racconta le incredibili peripezie di Francesco Santamaria di Caloria in Sicilia, in piena epoca illuminista.
Tra le pubblicazioni del 2016 si segnalano, inoltre, la guida bilingue di Roma per disabili Vadoa Roma – Going to Rome e la biografia romanzata dell’imprenditrice italiana Luisa Spagnoli La signora dei Baci, di Maria Letizia Putti e Roberta Ricca, che ha avuto un’ottima accoglienza presso il pubblico dei lettori.
Graphofeel Edizioni svolge un’operazione di scouting proponendo scrittori esordienti attenti alle tematiche della società digitale, come Giulia La Face (autrice di SocialMum) e Luca Colombo (del quale è appena uscito Caccia al morto).
La Graphofeel Edizioni cura in modo particolare la grafica dei propri volumi ora affidata a un giovane artista italiano contemporaneo, Carlo Vignapiano.



D - Come e perché nasce la tua casa editrice?

L.P. - La Graphofeel edizioni nasce nel 2009 da un’idea di Stefania De Matola, una collega grafologa, che mi propose di tentare di creare una piccola casa editrice indipendente che si occupasse di grafologia e non fosse a pagamento. Con il passare del tempo la Graphofeel ha cambiato soci (attualmente il mio socio è Antonio Perri) e interessi: ora pubblichiamo soprattutto romanzi storici e, più in generale, narrativa italiana. Siamo inoltre molto attenti ai temi dell’esclusione sociale e della marginalità.

D - Il panorama editoriale italiano è molto frammentato e difficile, qual è la tua/vostra esperienza, quali sono le difficoltà che avete incontrato e le soluzioni che avete trovato?

L.P. - La nostre esperienza è credo simile a quella di tanti altri piccoli editori. Il mercato lo “fanno” le grandi case editrici, è praticamente impossibile inserirvisi in maniera significativa, anche per la collusione dei media che è veramente scandalosa. Io, tuttavia, credo ancora fortemente che si debba partecipare anche quando non si ha nessuna possibilità di vincere, ribellandosi al principio di necessità in favore della libertà di scegliere anche ciò che non ci conviene. Per quanto riguarda le nostre strategie, distribuiamo tramite distributori regionali e direttamente in alcune librerie di fiducia. Tutti i nostri titoli sono disponibili anche in e-book e dal prossimo mese cominceremo a immettere sul mercato italiano i nostri romanzi storici tradotti in lingua inglese. Il primo è I delitti della Primavera, che uscirà con il titolo: The Botticelli killings Murders and mysteries in Renaissance Florence.

D - In Italia tutti scrivono, pochissimi leggono. Gli editori pubblicano, ma leggono? Insomma, cosa ti piace leggere?

L.P. - Leggo di tutto, anche se finisco per leggere soprattutto i manoscritti che ci vengono inviati per una valutazione. Da giovane leggevo narrativa, e in maniera onnivora. Da ragazzina mi annoiavo spesso, ero fisicamente pigra e introversa: chiedevo in continuazione a mia madre libri da leggere, che divoravo compulsivamente. Un giorno la mia mamma, stufa di comperarmi libri per ragazzi, all’età di nove anni mi diede da leggere I Buddenbrook. Ne rimasi folgorata e di lì nacque la mia imperitura passione per Thomas Mann. Oggi leggo soprattutto saggistica su tematiche relative alle neuroscienze, che mi intrigano e sembrano offrire quelle risposte (e porre quelle domande) un tempo appannaggio della filosofia.

D - Tra i libri che avete pubblicato consigliane tre, possibilmente per ragioni differenti e per lettori di varie età.

L.P. - Non è facile, perché un editore appassionato i libri che pubblica tende ad amarli tutti… In ogni caso ci sono testi ai quali sono più affezionata, per il modo in cui mi ci sono imbattuta o per le sensazioni che ha destato in me la prima lettura o ancora per le reazioni che il nostro pubblico di lettori ha mostrato di avere leggendolo. Citerei Il vicolo delle lettere ribelli di Pasquale De Cario come romanzo per ragazzi tra i 10-14 anni: racconta la storia di un ragazzino dislessico nella Napoli degli anni ’70 con uno stile impeccabile e grande partecipazione emotiva. Alle signore (e a i signori) che amano leggere biografie e credono nella possibilità di operare nella realtà con successo, consiglierei un libro che ha avuto un ottimo successo commerciale La signora dei Baci di Maria Letizia Putti e Roberta Ricca, che racconta in chiave romanzesca la vita appassionante di Luisa Spagnoli, la donna che ha fatto la fortuna della Perugina. Infine, a chi vuole leggere un libro veramente avvincente ed ama la raffinatezza della scrittura, apprezzandone le sfumature linguistiche, segnalo Il Barone dell’Alba di Stefano Valente, un romanzo storico rocambolesco e sentimentale, cupo e poetico assieme.

D - Libro cartaceo o ebook?

L.P. - Io per questioni anagrafiche amo il cartaceo, ma sono fermamente convita che il futuro dei libri sia nell’e-book.

D - Nel vostro catalogo ci sono molti libri di esordienti, qual è la vostra strategia di scouting e come può un autore proporre un proprio testo, ma anche e soprattutto: cosa non deve fare per non essere automaticamente scartato?

L.P. - Per prima cosa uno scrittore che si rivolge a Graphofeel deve dimostrare di conoscere il nostro catalogo; poi rivolgersi a noi in maniera diretta, senza inviare complesse lettere di presentazione. Le semplicità è sempre un ottimo biglietto da visita.


(intervista di Francesco Randazzo)





Laura Pacelli è nata a Roma nel 1961. Laureata in Filosofia e Psicologia Clinica, Master biennale della Rai per autori televisivi, grafologa, per venticinque anni ha lavorato come regista e autore televisivo per Rai, Sat 2000 e Endemol. Ha realizzato diversi reportage in Etiopia, Kenia, Mozambico e Cina, è stata tra i registi di programmi di punta come Il Grande Fratello (1 e 2 edizione), Chi l’ha visto, Techetè. Insegna Story telling nei Master Asvi, e dal 2009 è il direttore editoriale di Graphofeel edizioni.


lunedì 12 settembre 2016

"Chi non sogna un futuro radioso?" di Mauro Mirci


Una statua. Un soldato seduto con fucile e pallone. Questo vede Lorenzo Nullo in cortile, il primo giorno di lavoro al municipio di Petra Gerace. Non immagina che lo scultore, Michelangelo Scarso, sia anche poeta, pittore naïf e ostinato speculatore edilizio. Le loro vite si incrociano anni dopo: c’è da lottizzare il podere del Gerbinello. L’affare interessa lo stesso Scarso, ma anche il preoccupante Vincenzo Neri e il suo anziano padrino. Lorenzo Nullo è adesso un funzionario privo di scrupoli e sempre compiacente verso il potere. Cinico e spregiudicato fuori dalle mura domestiche, in casa è però oppresso dalla madre e dalle sue sorelle. Tutte vedove. Perché, si vocifera, i mariti hanno preferito morire giovani piuttosto che averci a che fare nella vecchiaia.
Ma nel tran-tran quotidiano di Lorenzo, fatto di tradimenti, episodi boccacceschi, soperchierie e mazzette, s’insinua un imprevisto: il ritrovamento in Russia del primo marito di nonna Carmela, morto durante la Seconda Guerra Mondiale.
Un meccanismo narrativo ben oliato. Un romanzo ironico e disincantato sul marcio e il malaffare dei cosiddetti “colletti bianchi”.


NullaDie, piccola editrice di qualità, radicata in Sicilia, ma ben proiettata nel panorama nazionale, ha pubblicato il romanzo di Mauro Mirci, “Chi non sogna un futuro radioso?”. L'autore approda al romanzo dopo alcune felici uscite editoriali, prevalentemente con racconti pregevolissimi, a volte fulminanti. Qui il respiro si allarga e nell'espansione letteraria si realizza una storia a scatole cinesi che contengono altre storie, attraversate direttamente o indirettamente dal protagonista, con uno stile che intriga il lettore e lo conduce quasi a perdersi, mentre la lettura scorre piacevolmente e spesso con tono divertente, nei meandri scuri della condiscendenza al sistema di relazioni falsate e corrotte, della vita di tutti i giorni. È una sorta di “resistibile ascesa” del protagonista nell'intrigo, nella corruzione, nel mammismo auto compiaciuto, nell'essere perfettamente mimetizzato e anzi manipolatore di una realtà che va usata, fin dalle piccole azioni quotidiane, per il proprio vantaggio, nel compromesso continuo, nell'illecito che da piccola infrazione, diventa sempre più grande, fino a incastonarsi perfettamente nel sistema del malaffare, con la meschina giustificazione che tanto, lo fanno tutti e se vuoi vivere bene devi farlo anche tu. 
Ascesa e caduta di un piccolo furbo, anche simpatico (qui l'autore è abilissimo a suscitare un'iniziale empatia col personaggio), che diviene specchio della società e dei suoi opportunisti camaleonti. La Sicilia è lo sfondo e l'ambiente perfetto, ma si proietta e sviluppa con sottile maestria, fino a diventare una impietosa stimmate del costume nazionale, sorridente, simpatico, infido, corrotto.
Da leggere, anche perché, mai la penna dell'autore, si compiace di stereotipi e ammiccamenti che spesso fanno da filtro falsificante nella produzione letteraria siciliana, mai tenta di cavalcare il mainstream della cartolina patinata e precompilata.


Francesco Randazzo



  • Chi non sogna un futuro radioso? Storia di un impiegato e di una salmadi Mauro Mirci 
    • Copertina flessibile: 288 pagine
    • Editore: Nulla Die (1 gennaio 2016)
    • Collana: Lego parva res. I romanzi Nulla die
    • Lingua: Italiano
    • ISBN-10: 8869150534
    • ISBN-13: 978-8869150531


giovedì 9 giugno 2016

Quinta dimensione, scrittura e fruizione nella realtà parallela



I due più bei twitt che io conosca sono stati scritti decenni prima l'avvento di Internet e di Twitter"Mi illumino di immenso." E anche: "Ognuno sta solo sul cuore della terra, trafitto da un raggio di sole. Ed è subito sera." Naturalmente né Ungaretti né Quasimodo avrebbero mai sospettato di far parte dei cinguettanti comunicatori contemporanei. Possiamo immaginare, con un sorriso sulle labbra, il vecchio Ungaretti seduto sulla sua sedia mentre Pasolini lo intervista, interrompere per un attimo il collega, estrarre uno smartphone e cinguettare una delle sue brevissime ma profondissime poesie, condividendole con migliaia di followers e subito dopo riprendere la conversazione. Oppure, immaginare Quasimodo amministratore di un gruppo su Facebook dedicato alla città di Tindari. Il gioco potrebbe continuare. Leopardi, per esempio, sarebbe morto su Second Life, nello scandaloso postribolo "La Ginestra" dove realizzava ben altre fantasie da quelle poetiche: probabilmente ce lo saremmo perso come poeta. Dante, avrebbe vissuto il suo esilio nella Silicon Valley, realizzando il più impattante e avvincente videogame di tutti i tempi: "Hell vs Paradise"! E così via.
Si tratta naturalmente di boutades, ma i paradossi possono essere usati per rendere chiara la determinazione di una realtà attuale che si avvale di una (o più) dimensione nuova. La quinta dimensione del web, che amplifica, si irradia, permea e viene agita come un'estensione del mondo, nel mondo. Il web, come esattamente scrive Antonio Spadaro, non è una tecnologia, ma un ambiente. Assolutamente vero, e da qui bisogna partire per qualsiasi ragionamento, anche critico su di esso. Qualunque ambiente è buono o cattivo, a seconda di chi lo abita e di come vi agisce. Siamo noi a determinarlo.

La critica maggiore (e il rifiuto conseguente) al web è quella che lo vorrebbe opposto e in contraddizione con la realtà. Oppure lo si riduce ad una opposizione tra tecnologia, vista come un mostro freddo e alienante, e l'umanità del mondo reale. Il web fa paura. Ci si dimentica che è l'umanità ad abitarlo.

Bisognerebbe piuttosto interrogarsi e ricercare, non soltanto in modo passivo, come e cosa possiamo produrre, sperimentare, creare, comunicare grazie e attraverso il web.

Cosa può significare l'esperienza del multitasking, la ricettività reticolare, la sinestesia continua che ormai è comune, anche se ci ostiniamo a negarla, ma ne siamo comunque coinvolti? Non è forse una amplificazione delle nostre possibilità, qualcosa che scardina l'orizzontalità monotematica del pensiero strutturato? Certo, spiazzante, ma guardiamo come per i giovani sia invece semplice, persino naturale. Non è che, come spesso si sente dire, anche qui, che i giovani sono distratti e la tecnologia li rende ancor più tali. È forse più vero e giusto dire che tutti i giovani, di tutti i tempi, sono distratti e, come in ogni tempo accade, sono gli adulti che devono aiutarli a concentrarsi e dare contenuti stimolanti a questa richiesta di concentrazione. Ma per farlo oggi, dobbiamo far nostri  linguaggi e strutture che non sono più quelli con i quali, noi, nativi non digitali, siamo cresciuti e ci siamo strutturati. Mentre i giovani ne sono naturali fruitori. Ed è quindi a noi richiesta non una negazione ma uno sforzo e la presa di coscienza di una responsabilità, che non possiamo ignorare, a rischio di lasciare vuoto ciò che può e deve essere riempito di valori ed azioni positive.

Le possibilità educative che il web offre sono immense. Quelle creative, straordinarie. Ed è sciocco, persino malfidato, dire che se ne può fare a meno. Ci sono, continueranno ad esserci, fino a qualche altra rivoluzione tecno-antropologica. Possiamo chiudere gli occhi e restare pietre inerti, tronfi della nostra dura sostanza o impegnarci a dare sostanza e valore al fluire, apparentemente indistinto e caotico del web. Sforzarci quantomeno di farlo. Questo secondo me è un valore etico e morale imprescindibile al giorno d'oggi.

Bisogna apprendere per insegnare. Essere mobili e modificabili per muovere e modificare. 


Il sommo bene è come l'acqua:
l'acqua ben giova alle creature e non contende...
...
Nulla al mondo è più molle e più debole dell'acqua
eppur nell'abradere ciò che è duro e forte
nessuno riesce a superarla,
nell'uso nulla può cambiarla.
La debolezza vince la forza,
la mollezza vince la durezza:
al mondo non v'è nessuno che non lo sappia,
ma nessuno v'è che sia capace di attuarlo.
Per questo il santo dice:
chi prende su di sé le sozzure del regno
è signore dell'altare della terra e dei grani,
chi prende su di sé i mali del regno
è sovrano del mondo.
Un detto esatto che appare contraddittorio
(Tao-te-ching)



Ed è infatti il mare del web fluido e mobile. Le nuvole che ne nascono sono gravide di quel che l'acqua contiene, sta a noi immettere ciò che di buono ce ne tornerà.


Chi scrive (e chi legge), trova nel web una serie di opportunità e offerte d'espressione, creatività e condivisione, che se di per sé non sono risolutive, in quanto devono necessariamente essere riempite di contenuti e presuppongono una continua formazione che le modificazioni d'uso che il web propone continuamente, ma sono oramai imprescindibili.

Per concludere, nel web si scoprono nuovi linguaggi, ne muoiono altri, ma, per esempio vorrei notare che la tanto bistrattata concisione richiesta dal tempo medio di lettura di un utente nel web, ha portato ad un benefico proliferare ed un crescente interesse verso la poesia. Se rimane pur vero che il lettore accorto dovrà separare il grano dal loglio (come sempre d'altronde), al di là di un certo velleitarismo poetico nazionale, nel web si trovano le migliori opportunità di lettura  per chi vuol fruirne o di proposta poetica per gli autori. Di fronte al fatto che la poesia editorialmente non vende, nel web (gratuitamente) è fruita in numeri inimmaginabili nel cartaceo (certo in proporzioni di numeri sempre piccoli in assoluto ma esponenziali nello specifico).

Da questo proliferare si sono venute sviluppando, per esempio, modalità poetiche, quali la video poesia, che pur giungendo dagli anni "70, hanno trovato nel web possibilità ed esiti sempre più interessanti e di qualità.

Abitare lo spazio virtuale, rendersi conto che ci si muove e ci si esprime, si comunica e condivide, attraverso qualcosa che se pur impalpabile, ha una sua corrispondenza e una connessione continua con l'umano, agire di uomini per altri uomini, attraverso una dimensione sterminata di compresenza spaziale, temporale e persino ontologica, inimmaginabile fino a trent'anni fa. Ma che oggi esiste quale normalità con la quale dobbiamo volenti o nolenti confrontarci. Astenersene o rifiutarla sarebbe inutile, ostinatamente sciocco ma soprattutto renderebbe certo che proprio ciò che di negativo giustamente critichiamo prevalga. Dobbiamo esserci. Il resto - come diceva Amleto - è silenzio.

giovedì 28 aprile 2016

TI ODIO! Workshop di scrittura



Daimon propone un workshop sul tema dell'odio.


Perchè l'odio? Perchè è un sentimento primario, forte, denso di implicazioni, un buonm punto di partenza per esplorare i conflitti e le tensioni della nostra società. Odio inteso come odio verso l'altro (razzismo, intolleranza per altre culture, per l'altro sesso, credenze politiche, religioni) o verso sé stessi, odio come aggressività latente che emerge all'improvviso per un episodio del quotidiano, o come semplice insofferenza, come idiosincrasia per il carattere di un'altra persona. Insieme al tutor, l'allievo avrà la possibilità di declinare l'odio nell'accezione che preferisce e nello stile preferito, dal drammatico al satirico, dalla commedia alla tragedia.


Si può scegliere tra monologo e racconto.


Il monologo è sicuramente uno degli strumenti piu importanti per uno scrittore. Ci permette di dar vita a un personaggio in modo immediato, diretto, profondo, esplorandone psicologia e possibilita creative. È una piccola storia drammatica con un sua dinamica emozionale interna, un flash che permette di lavorare intensamente sullo sviluppo di un sentimento, sull'evoluzione di un conflitto, su una situazione estrema.


Il racconto è la palestra degli scrittori, la forma che racchiude in sé la sintesi narrativa, lo sviluppo concentrato, l'essenzialità e la precisione stilistica. Opera compiuta in sé, letteraria e narrativa, ma anche punto di partenza per altri sviluppi ed elaborazioni verso altri generi, per esempio, quello cinematografico.
Tutto in poche pagine, personaggi e conflitti, temi e ambientazioni, una sfida narrativa, tutta in verticale.


Il workshop per monologhi sarà tenuto da Laura Forti.
Il workshop per racconti sarà tenuto da Francesco Randazzo.


Quattro lezioni da 1h e 10 ciascuna, al prezzo di 90 euro.

Le lezioni si svolgeranno on line tramite Skype.

Per info e iscrizioni: infodaimon@mail.com






domenica 24 aprile 2016

"La femmina nuda" di Elena Stancanelli - recensione di Laura forti




Un viaggio nel dolore, nella ferita del tradimento, una presa di coscienza di sè e del proprio corpo da cui ripartire per la vita. Laura Forti ha letto "La femmina nuda" per "Il Segnalibro" della Radio Svizzera Italiana.

lunedì 21 marzo 2016

Giornata della poesia

21 Marzo, Giornata della poesia. Dappertutto citazioni della Merini...
Noi invece vi proponiamo Hans Magnus Enzensberger, filosofo, matematico, editore e poeta. Affilato come una lama chirurgica, parte dalla testa e detona nell'aorta.





Divisione del lavoro di Hans Magnus Enzensberger


Che la stragrande maggioranza
della stragrande maggioranza
non capisce pressoché nulla,
per es. poesia, diritti d'opzione,
numeri pseudoprimi,
e mettici perfino
i massimi sistemi -
è più che comprensibile!

La stragrande maggioranza
ha tutt'altre preoccupazioni,
imperturbabile si tiene
ai figli e alle mutue,
letto soldi pop sport,
a tutto ciò di cui la minima minoranza
non vuol sapere nulla.

Dove andremmo a finire
coi nostri cervellini
se tutti pensassero su tutto?

Solo di quando in quando,
in certe interminabili sere,
un'occhiata dall'altra parte,
alla finestra illuminata
dove vivono altri,
e la vaga sensazione
di essersi persi qualcosa.

(in Hans Magnus Enzensberger, Più leggeri dell'aria, traduzione di Anna Maria Carpi, Einaudi)




bio: http://it.wikipedia.org/wiki/Hans_Magnus_Enzensberger

un'intervista:http://www2.polito.it/didattica/polymath/htmlS/Interventi/Articoli/EnzensbergerOdifreddi/EnzensbergerOdifreddi.htm

La stanza del presepe




Piccolo gioiellino di narrativa “La stanza del presepe” di Angelo Di Liberto, che attraverso lo sguardo infantile di un ragazzino, Giovanni Falcone, non ancora giudice, non ancora martire, ma già pervicace e ostinato, ci conduce nella temperie della paura soffusa e penetrante di una Palermo attanagliata dalla mafia. Il simbolismo del presepe, il cui equilibrio del bene è minacciato dalla statuina del cattivo, è semplice ma efficacissimo. La paura e il coraggio del piccolo Giovanni sono nostri; la spada di legno che impugna ne fa un piccolo Don Chisciotte determinato e tenero. Il finale, onirico e profetico, oltrepassa la vita e la morte, verso la speranza, attraverso la memoria e la testimonianza. 
Da leggere e da seguire, visto che l’autore, Angelo Di Liberto, dal libro ha tratto un bel laboratorio di lettura e riflessione per le scuole, per parlare di mafia e giustizia ai bambini, attraverso il racconto della storia del protagonista, loro coetaneo. Un bell’esempio di cultura viva, che va oltre la pagina scritta.
Di Liberto è anche il fondatore di un famoso gruppo di lettura “Billy, il vizio di leggere”, che promuove la lettura critica e consapevole, fuori dai canoni del mainstream commerciale dell’editoria e che di recente ha lanciato una bella inziativa di lettura per la promozione di libri di qualità esclusi dai grandi giri editoriali: "Modus Legendi" i lettori scelgono la qualità; la sfida è quella di portare ogni volta, uno di questi libri in classifica nazionale, attraverso l’acquisto mirato e simultaneo di 3000 lettori! Un bell’esempio di uso virtuoso dei social, che possono diventare mezzi validissimi per incidere, o almeno tentare, con passione e coscienza, sulla realtà. Questa è la cultura che ci piace, quella che smuove, agita, critica e propone nuovi modelli culturali, dinamici, mai pedissequi. 
Che poi tutto questo parta da un siciliano attento e intelligente, che vive nella nostra difficile Isola, è un doppio motivo d’orgoglio.

(francesco randazzo)


di Angelo Di Liberto
Duepunti edizioni


domenica 13 marzo 2016

I delitti della primavera



Un libro a volte può mentire, il suo titolo può essere frutto di strategie attrattive, ma non del tutto sincere.
Il mercato o il trend del momento a volte costringono a piegare il senso di un libro verso qualche possibile target di lettura e quindi di vendita. Non è sbagliato di per sé, anzi, se favorisce la vendita e la diffusione del libro quando è un buon libro, ben venga. Infine il lettore accorto, pur sgamando la bugiola da copertina, sarà contento d'averlo letto. Come è successo a me leggendo “I delitti della primavera”, sottotitolo “Un serial killer nella Firenze del Rinascimento”, di Stella Stollo, edito dalla giovane ma centratissima casa editrice Graphoofeel. Nell'era dei thrilleroni, americani e italici, il titolo è una studiata trappola. E ci si casca. Fortunatamente, però. Il giallo e l'intrigo ci sono, intendiamoci, ma invece di spedirci dritto dritto alla compulsività d'azione del genere, ogni tanto, spesso anzi, la scrittura, il plot, si fermano e si comincia a navigare “in un vasel, presi da incantamento”, per parafrasare Dante. Ci si sofferma a ragionare sul mondo, sull'arte, sulla poesia, sulla bellezza, sulla cultura, la tolleranza, il pregiudizio, attraverso i ragionamenti di Sandro Botticelli, Filippino Lippi, Leonardo Da Vinci e molti altri begli spiriti dell'epoca in cui si svolge la vicenda. E se pur dapprima, queste “frenate” al plot, spiazzano e sembrano divagare rispetto alla classica mozione d'ordine del lettore di genere, cioè: “Chi è l'assassino?”, andando avanti nella lettura, ci si perde e si viene affascinati da quel mondo, da quei begli spiriti che lo abitano, dai loro ragionamenti e desideri, dalle idee superbe e rischiose, dalle utopie e dai grandiosi piani. Così, infine, ci si scorda quasi del genere con il quale siamo stati adescati e ci si immerge in ben altro e ben di più, vividamente, profondamente. Scoprire alla fine chi è l'assassino non è più così importante, seppure la Stollo è molto abile ad imbastire un finale non finale, che forse lascia presagire altri libri a venire. Quel che più conta sono loro, Botticelli, Lippi, Da Vinci, Vespucci, i loro sentimenti, le loro visioni del mondo, la loro straordinaria vivacità intellettuale, quel loro meraviglioso sfidare il consueto per l'inconsueto, l'apparenza per la trasfigurazione, il già noto per ciò che si deve ancora scoprire. La forza del libro è questa. E se pur con un piccolo inganno, il lettore al termine del libro, è contento d'essersi imbarcato, con i protagonisti della storia, in un viaggio extraordinario, senza fine, né finale, nel grande mare aperto dell'ingegno e della fantasia, della Storia, e dei suoi segreti e misteriosi risvolti.

Francesco Randazzo


I delitti della primavera

Stella Stollo

ISBN: 978-88-97381-21-1

Editore: Graphofeel Edizioni


venerdì 4 marzo 2016

Giorgio Bassani




Oggi ricorre il centenario dalla nascita di Giorgio Bassani, grandissimo scrittore del Novecento italiano. Di lui si ricorda soprattutto "Il giardino dei Finzi Contini", grazie anche al film che ne trasse De Sica, ma sono molti i suoi libri che varrebbe la pena di leggere o rileggere. Suo anche il merito di avere pubblicato "Il Gattopardo" di Tomasi di Lampedusa, che era già stato rifiutato da Einaudi e Mondadori.

Per rendergli omaggio vi segnaliamo due brevi documentari Rai:

- un ritratto di Bassani in un documentario a cura di Giorgio Montefoschi. (clicca qui)

- un'intervista a Bassani di Cesare Garboli.  (clicca qui)

Se vi viene voglia di leggerlo, e noi ve lo consigliamo, ecco un elenco dei suoi libri, editi da Feltrinelli. (clicca qui)

Buona visione e buona lettura.

giovedì 25 febbraio 2016

"La crisi dell’editoria" di David Pacifici









La crisi dell’editoria è principalmente una crisi di identità dell’editoria stessa. Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito ad una trasformazione genetica del settore un cambiamento che direi irreversibile. Le cause sono in parte imputabili a fattori esogeni che riguardano principalmente l’arrivo del web. Dobbiamo però constatare che all’arrivo dello tzunami internet, l’editoria era già minata al suo interno.

Tra le cause interne che hanno portato allo sgangheramento del mondo editoriale annovererei:

1) Concentrazione dei gruppi editoriali e integrazione indiscriminata a monte e a valle, con la creazione di veri e propri moloch, ingestibili sia da un punto di vista organizzativo che finanziario con diseconomie di scala crescenti. Nelle ultime due decadi abbiamo assistito a una crescita senza ostacoli delle maggiori case editrici che hanno via via inglobato al loro interno stamperie, società di distribuzione, catene di librerie e altri marchi editoriali. Modificando il mercato da concorrenziale a oligopolistico, e quindi creando situazioni di squilibrio e rafforzando posizioni sul mercato, schiacciando la piccola editoria e la pluralità di espressione. Il rovescio della medaglia è stato la disorganizzazione imperante e la perdita di efficienza nelle decisioni strategiche sia editoriali che commerciali e logistiche che si sono fatte sentire in periodo di contrazione dei mercati.

2) Scomparsa all’interno delle case editrici di intellettuali e comitati scientifici. Nei gruppi editoriali le figure pensanti danno fastidio perchè intralciano le decisioni gerarchiche. Nelle ultime due decadi gli intellettuali che rappresentavano l'anima dei vari progetti editoriali sono stati progressivamente eliminati. Non per niente abbiamo assistito a una omologazione dei prodotti editoriali e delle collane.

3) Passaggio generazionale delle classe imprenditoriale e a cascata del management . Al posto dei vecchi editori si sono succeduti i figli dei figli, in genere non all’altezza della generazione precedente.

4) Management cooptato da altri settori non in grado di capire le peculiarità di un settore così particolare delicato come quello editoriale.

5) Mancanza o quasi di scouting e di investimento sull’autorialità. Da anni le case editrici preferiscono rivolgersi all'acquisto di best seller esteri. Si è creduto ingenuamente di sfruttare gli investimenti del marketing dei partner esteri creando così una situazione di impoverimento nei propri cataloghi.

6) Politiche commerciali tutte orientate al saturation-cell: il marketing principale è stato quello di occupare senza ritegno scaffali in libreria attraverso politiche aggressive di sovrasconti e tredicesime (1 copia omaggio ogni 12 libri) indipendentemente dalla vera qualità dei prodotti editoriali.

7) Il gioco perverso della resa incondizionata che ha gonfiato fatturati e logiche di produzioni spostando l’asse verso una logica finanziaria e non economica. La caratteristica del mercato editoriale è la possibilità da parte del libraio di rendere il libro quando vuole senza scadenza. La vendita al libraio viene definita tecnicamente sell-in, la vendita all'acquirente invece è chiamata tecnicamente sell-out. I fatturati delle case editrici sono sui sell-in, quindi delle cambiali a scadenza. Inoltre per i grandi gruppi editoriali e per le società di distribuzione la movimentazione di grosse somme di denaro ha rappresentato una risorsa finanziaria non indifferente.




Davanti ad una situazioni di questo tipo dove il mercato editoriale è cresciuto senza una vera base aziendale e culturale sulla quale poggiare, l’arrivo del web ha avuto gioco facile.
Adesso assistiamo a editori che pateticamente piagnucolano cercando di elemosinare qualche spicciolo inventandosi grottesche campagne di promozione libro che lasciano il tempo che trovano.
Anche i best sellers degli ultimi anni sono stati casuali e non gestiti dalle case editrici stesse incapaci di capitalizzare il successo.
Direi che a parte qualche raro caso, dove c'è stata logica editoriale intelligente e lungimirante, il resto dell’editoria ha scordato la sua vera funzione e missione, pagando a caro prezzo la stoltezza delle scelte.


©David Pacifici





David Pacifici, ha lavorato per 15 anni in varie case editrici ricoprendo mansioni commerciali e editoriali. Attualmente si occupa di comunicazione sul web.



"Spicchio d'aglio" / primo studio

Cari amici di Daimon, vorrei presentarvi la mia nuova produzione drammaturgica, dedicata alla guerra fascista d’Africa; si tratta di un primo studio, volto a generare una riflessione e un confronto su tematiche a mio avviso importanti..
Da tempo lavoro sulle responsabilità italiane durante il fascismo. Ho scritto e portato in scena spettacoli sulla lotta partigiana e una trilogia dedicata alla persecuzione e discriminazione degli ebrei, con particolare riferimento all’applicazione italiana delle leggi razziali e al campo di concentramento di Fossoli. Adesso mi sembrava giusto dedicarmi alle guerre coloniali e soprattutto alle vittime di questi conflitti che non furono affatto brevi e semplici, come Mussolini aveva affermato. Gas, armi chimiche, fucilazioni, deportazioni e ogni genere di sopruso hanno caratterizzato il corso di questa occupazione aggressiva. 
E’ nostro dovere elaborare questa memoria insieme al pubblico per cercare di capire e analizzare le radici di quell’odio, di quel profondo razzismo che, non affrontato, rischia di invadere anche il nostro presente e di coprire il passato con un silenzio pericoloso, come è successo in tutti questi anni. 
Questo spettacolo è naturalmente un piccolo contributo ma ci credo molto: credo al dibattito, alla discussione, all’informazione.Ve lo presento qui, su Daimon.
Chi è interessato mi può contattare a: mail@lauraforti.it

SPICCHIO D'AGLIO/primo studio
(La guerra fascista d'Africa in quattro tempi)


un progetto di Laura Forti 
con Laura Forti
drammaturgia di Laura Forti 
regia, musiche e video di Teo Paoli



2 ottobre 1935 Mussolini annuncia l'entrata in guerra con l'Etiopia.
L'Italia, già impegnata in passato nella conquista coloniale, adesso sogna il suo impero. Il conflitto dovrà essere breve, rapido, vittorioso; in realtà sarà tutt'altro che indolore e costerà molte spese, moltissime morti e, da parte africana, si risolverà in un vero e proprio genocidio della popolazione locale, deportata, sottoposta a fucilazioni sommarie e privata dei diritti basilari, annientata con i gas e le armi chimiche. Ma l'oltremare non è solo il sogno di conquista dei soldati; anche i civili cadono nel miraggio di accumulare ricchezze in colonia, spinti dall'avidità o costretti all'espatrio per fuggire un destino di fame e miseria.Uno spettacolo per raccontare quel periodo complesso, intrecciando voci e storie: da una parte una famiglia fascista, i Tamietti, nella quale i componenti maschi sperimentano tutti, seppur in modo
diverso, la guerra - intesa come banco di prova della virilità e autoaffermazione di un potere personale vacillante;dall'altra il bracciante Tano, strappato alla sua Maria e alla sua Sicilia, che per un attimo sembra entrare in una storia più grande, quella dell'Impero fascista, per poi venire schiacciato dai meccanismi dello sfruttamento e dei pregiudizi sociali.E poi il fantasma di una donna libica, Spicchio d'aglio, la schiava-bambina che il capofamiglia Alfio ha sedotto durante la sua permanenza in Africa durante le prime guerre dell'Italia liberale, che attraversa epoche e trame e finisce per ricongiungere i destini di tutti in un amaro finale.Per la prima volta nel 1996 l'allora Ministro alla Difesa Domenico Corcione ha ammesso, in un breve comunicato di tre righe, le responsabilità italiane e l'uso di armi chimiche vietate.Uno spettacolo per riflettere insieme su una memoria che per anni è stata rimossa e solo recentemente, grazie soprattutto agli studi di Angelo Del Boca, ha cominciato a essere ricordata e analizzata. Noi, nel nostro piccolo, ci proviamo.
CENTRALE dell’ARTE – via della Vigna Nuova 4 – 50123 FIRENZE mail@lauraforti.it - info@centraledellarte.it







lunedì 22 febbraio 2016

Daimon consiglia di leggere: "Ancóra" di Hakan Gunday



 “Descrivere è il miglior mezzo per pensare e da quindici anni provo a scrivere di tutto ciò che c'è di scioccante e che non capisco”. Anche in questo secondo romanzo Ancóra, Hakan Gunday racconta le contraddizioni del suo paese. la Turchia, dilaniata tra identità occidentale e orientale (è una donna anoressica se guarda dalla parte dell'occidente e obesa se guarda a est, dice Gunday), scissa tra valori tradizionali e ingiustizie, ma anche quelle dell'essere umano oggi, nella nostra società contemporanea dove il male prende forme sempre diverse e la violenza corrompe l''anima di tutti gli individui che devono a un certo punto porsi davanti a una scelta, davanti al precipizio della coscienza. Ancora una volta, come in A con Zeta, Gunday parte dall'infanzia e racconta la perdita dell'innocenza. Stavolta il protagonista è Gaza, figlio di un mercante di uomini, un trafficante di clandestini. Gaza non si limita ad aiutare il padre nei suoi traffici, diventa un vero e proprio tiranno: uccide un uomo lasciandolo soffocare semplicemente perchè si dimentica di accendere l'impianto di ventilazione nel luogo angusto dove questo è rinchiuso, studia come un antropologo i comportamenti delle persone costrette a convivere nella cisterna prima di venire imbarcati, quelle persone che lanciano il loro grido daha, ancora, unica parola turca che conoscono, che nel romanzo assume valenze diverse – ancora acqua ma anche ancora un qualcosa che le completi, ancora vita, ancora speranza; Gaza si adegua al ruolo che la società gli ha cucito addosso, si diverte a provocare risse, stupra e uccide, diventa un piccolo mostro, un manipolatore, un cinico, si sente vivo e legittimato solo in situazioni di violenza tanto che si mette a cercarle, partecipando a linciaggi, a uccisioni, a ingiustizie di ogni tipo. Ma una parte di umanità suo malgrado sopravvive, e prende la voce interiore dell'uomo che ha ucciso, Cuma, l'unico a fargli un regalo, un piccolo origami, una rana di carta. Tenendo stretto il suo talismano, Gaza dovrà confrontarsi con quella parte, seguirla, fino forse a una rinascita. Il libro è duro, estremo, bellissimo, un cazzotto nello stomaco che non si dimentica. Una volta chiuso restiamo a farci delle domande, ci restano davanti agli occhi i bambini di Hakan Ginday, ci chiediamo se riusciranno a superare i condizionamenti sociali che li vogliono far diventare dei criminali o ce la faranno a mantenere un'umanità, una libertà, a costruirsi un'identità indipendente; lo stesso si potrebbe dire della Turchia, che con il dramma dei migranti sembra non uscire da una spirale di violenza, chiusa nella sua cisterna di cemento, dove la realtà purtroppo ogni giorno supera tristemente perfino la fantasia di questo scrittore dotato.  


©Laura Forti

Ancóra 

di Hakan Günday (Autore), F. Bertuccelli 

Marcos y Marcos Editore